Gli stimoli ingannevoli che generano il conflitto

di Salvatore Primiceri – Il conflitto può nascere per vari motivi. Uno di questi è senza dubbio un problema di comunicazione: un gesto mal interpretato, una parola mal posta, una risposta non data, e così via.

Nell’insieme degli equivoci che possono generare un conflitto troviamo anche la credulità, ovvero il convincersi di qualcosa senza confrontarsi con l’altra parte coinvolta.
Basta poco per convincersi di ciò che non è: un sospetto, un’impressione, una congettura. Questi potrebbero rivelarsi stimoli ingannevoli.
Seneca li aveva ben descritti già nel suo tempo: “Quel tale mi ha salutato con poca cortesia; colui non ha ricambiato il mio bacio; l’altro ha troncato di colpo ciò che stava dicendo; un altro non mi ha invitato a cena; lo sguardo di un altro ancora mi è apparso un po’ ostile“.
Un giudizio nato su simili sospetti genera comportamenti conseguenti che il più delle volte rischiano di portare le parti ad esasperare sempre di più il loro rapporto fino a provocare dei veri e propri scontri.
Occorre troncare sul nascere la credulità perché “il sospettoso avrà sempre indizi“. Come fare?
Seneca ci offre una soluzione: “[…] dobbiamo essere schietti e prendere le cose dal lato buono. A meno che una cosa non ci capiti sotto gli occhi e non sia evidente, non dobbiamo credere a nulla“.
Se proprio non ci riusciamo, occorre poi chiarire con il dialogo e il confronto fino al rimproverarsi di essere caduti in errore tutte le volte che i propri sospetti si riveleranno infondati.
Nel mediare un conflitto, il mediatore lavora molto sui “motivi sottesi” al pretesto giuridico della lite, finendo con lo scoprire, non di rado, che alla base del contenzioso vi è proprio un equivoco o un’incomprensione basati sull’aver voluto vedere e credere, oppure l’aver interpretato, qualcosa per ciò che non era.
Per Seneca la credulità è perciò portatrice di grossi guai e non dovremmo prestarle ascolto: “In certi casi è meglio essere ingannati che diffidenti“.

Salvatore Primiceri

Bibliografia:

  • Seneca, De Ira, Bur Rizzoli 1998

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