Esiste una “giusta vendetta”?

Pretty_Woman-054(di Salvatore Primiceri) – Ve la ricordate Julia Roberts nel film “Pretty Woman” quando entra in un negozio di abbigliamento e viene trattata male da una commessa perchè  non corrispondente al tipo di clientela “chic” e per questo ritenuta una che non può permettersi di acquistare certi capi eleganti e costosi?

Praticamente sbattuta fuori, il giorno dopo va a fare acquisti in un altro negozio insieme al suo bel Richard Gere (e alla sua carta di credito) spendendo una “spudorata somma di denaro” in abiti firmati.
Nel tornare a casa si toglie lo “sfizio” di passare nel negozio in cui era stata discriminata esibendo quanto speso altrove e facendo così rimanere di stucco la commessa maleducata.
In quel momento ha “goduto” tutto il pubblico che nel mondo ha visto il film e continua a godere ogni qualvolta lo stesso viene riproposto in televisione.
E’ il sapore della vendetta. Il classico “ben ti sta”, “giustizia è fatta”, etc. Quando ci viene fatto un torto proviamo spesso il desiderio di restituire il “favore”. Ma come e perchè? Ma soprattutto, è sempre giusto?

Aristotele ci fornisce una preziosa indicazione circa la natura vendicativa del nostro essere umani. Lo fa nella “Retorica” quando elenca i piaceri. A proposito della vendetta ci dice:

Anche il vendicarsi è piacevole: infatti, il conseguire ciò il cui mancato conseguimento è doloroso, è piacevole, e coloro che sono in preda all’ira provano dolore in maniera smisurata non vendicandosi; sperandolo, invece, si rallegrano“.
(Libro I, II, (8)).

Ma poniamo attenzione alle parole del grande filosofo. Egli non dice che a provocare piacere sia l’atto del vendicarsi (l’azione), bensì quello di immaginare una situazione di vendetta (il pensare al tipo di azione). Insomma è il pensare ad una vendetta “ideale” che ci stuzzica ed è esattamente il motivo per cui tutti abbiamo provato soddisfazione nel vedere la famosa scena del film “Pretty Woman”. Il regista del film ha costruito una scena basata proprio sul piacere di cui parla Aristotele, ovvero il desiderio di vendetta immaginando una situazione ideale dove la rinvincita della protagonista è piena e soddisfacente nei confronti dell’antipatica commessa. La reazione del pubblico del film, del resto, risponde al pensiero della vendetta e non all’azione in sè. Se ci fossimo trovati in prima persona nella medesima situazione del film non tutti avremmo pensato e agito allo stesso modo.
Vendicarsi sul serio, quindi, cioè compiere un atto di vendetta, ci restituisce sempre una sensazione di piacere o tra l’immaginazione e la realtà (tra il pensiero e l’azione) le cose cambiano?
Di vendette ce ne sono purtroppo tante e corrispondono a torti (o presunti tali) di varia natura, molti sicuramente più gravi dell’episodio del film.
La vendetta spesso “svuota” l’anima, alimenta sensi di colpa e non restituisce alcun piacere se guidata da rabbia e istinto. E’ il classico “abbassarsi allo stesso livello del nostro nemico”, “cadere nel tranello”. Vendette di questo tipo alimentano il vortice del conflitto che degenera sempre di più fino a epiloghi a volte pericolosi.
Per questo si dice che la miglior vendetta è “essere superiori” nel senso di ignorare chi commette torti verso di noi o, meglio ancora, riuscire ad affermarsi nella vita e nel lavoro al di sopra di chi getta invidia alle nostre spalle o ci ostacola nel nostro cammino. Ma ignorare, come ci dice Aristotele, può anche essere doloroso se si è in preda ad una forte arrabbiatura. Che fare quindi?
I piaceri indicati dal filosofo devono servirci a renderci consapevoli delle nostre debolezze al fine di scegliere le azioni giuste da compiere e non quelle sbagliate. Anche di fronte ad un grande torto o una inaccettabile ingiustizia subita dobbiamo trovare la forza di reagire in modo intelligente, mettendo da parte rabbia e rancore, evitando quindi di commettere azioni dannose a sè e agli altri. Il piacere di una vendetta pensata si annulla nel momento in cui si trasforma in azione sbagliata e ingiusta.
Ci possono per fortuna essere vendette indolori che provocano soddisfazione come il “togliersi un sassolino dalla scarpa” (nel caso di Pretty Woman), altre addirittura positive con valori pro-sociali come il perdono e l’offerta riparatrice al nostro “avversario” (instaurando dialogo, confronto e comprensione reciproca). Quest’ultima, per chi ci riesce, è l’esperienza che di norma restituisce il maggior benessere a tutti i protagonisti del conflitto ma è anche la più lunga da maturare e la più difficile da attuare.
Esiste quindi una vendetta giusta? Qual è il miglior modo di comportarsi di fronte a chi si “scontra” con noi?

Salvatore Primiceri

Letture consigliate:

  • Aristotele – Retorica, a cura di Marcello Zanatta, Utet.
  • Francesca Giardini – La tentazione della vendetta, Il Mulino.

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