La colonna di destra. Appunti per un’etica dell’informazione

webnews(di Salvatore Primiceri) – Avete mai fatto caso alla colonna di destra? Sto parlando della colonna di titoli che appare sulla destra in numerosi siti di informazione. Ci avete fatto caso? Sicuramente sì, ne sono certo. Vi siete mai chiesti perché ci avete fatto caso?

Provo a ipotizzare: forse perché l’occhio tende in modo naturale a guardare a destra perché è il lato da cui si sfoglia o si clicca per andare avanti in una lettura? O forse perché la maggioranza di noi scrive con la destra? Oppure sarà perché quando guidiamo dobbiamo tenere la destra? Insomma abbiamo diverse abitudini e regole che coinvolgono la destra e l’abitudine, si sa, nella nostra mente pigra si trasforma in logica.

Il posizionamento di un elemento grafico che porta con sé un messaggio comunicativo rivolto agli utenti ha quindi sempre funzionato meglio a destra. Un tempo la colonna di destra era riservata alla pubblicità, oggi alle notizie, e che notizie!

La pubblicità non ha più bisogno di apparire per forza a destra perché compare direttamente sulla nostra faccia, attraverso mille finestre il cui comando di chiusura è spesso soggetto all’obbligo di aver visionato almeno qualche secondo di quello spot specifico.

E allora, se il bombardamento pubblicitario ha sempre influenzato i comportamenti e i gusti delle persone, perché non utilizzare la destra per un altro scopo persuasivo ancora più sottile?

Negli anni 80 e 90 quando qualcuno prestava troppa attenzione a tutto ciò che i media commerciali propinavano, lo si definiva “teledipendente” ma più di credere a qualche favola pubblicitaria o emulare qualche scena da telenovela, l’ingenuo credulone non subiva particolari danni cerebrali.

Ma la colonna di destra sul web, oggi è proprio un’altra cosa. A giocare con la nostra mente non sono messaggi di detersivi venduti due in uno ma notizie di cronaca “vera” e gossip sfrenato. Attirare l’attenzione del lettore con notizie crude, violente e spesso inutili è diventata la principale regola del business economico su internet. Non tutti i siti di informazione aderiscono a tale impostazione e, per fortuna, c’è ancora chi vuol fare della qualità, dello stile e dell’etica comunicativa una bandiera importante per divulgare conoscenza e suscitare riflessioni approfondite.

Purtroppo, però, il denaro non deve per forza contribuire all’intelligenza umana e quindi il guadagno facile attira i nuovi imprenditori della comunicazione “etica-free”, i quali sguinzagliano segugi multimediali per rintracciare in tutto il mondo le notizie più sensazionali, più violente, quelle che possono suscitare più indignazione. E giù commenti “a pecora” su tutti i social di tutti gli ingenui lettori che ci cascano.

Le notizie della colonna di destra hanno un doppio inganno: sono notizie di cui una società sana spesso potrebbe fare a meno o, eventualmente, assumerle attraverso un linguaggio più corretto e consono alla gravità dei fatti esposti; in più sono titolate in modo che la nostra curiosità non si trattenga dal cliccare (ecco perché ritengo che tutti conoscano la colonna di destra). A volte, fatto ancora più grave, vengono pubblicate notizie le cui fonti sono inesistenti o non verificate e, quindi, con buona probabilità, false.

E così leggiamo titoli orribili del tipo: “Guardate che fine ha fatto questo gatto”, “Video shock: fanno sesso a scuola e poi…”, e altre bestialità che nemmeno il più cruento numero di “Cronaca Vera” negli anni 80 si sarebbe mai sognato di pubblicare.

L’accesso all’informazione, facile, veloce, libero, è una grande conquista del nostro tempo ma il nostro desiderio di essere protagonisti della comunicazione non deve trasformarsi in un morbo.

Stiamo vivendo un’epoca difficile dove la corretta informazione deve essere uno degli ingredienti per recuperare una società improntata all’etica, alla giustizia, alla collaborazione, al buon senso.

Se oggi vale la regola che una notizia, solo perché divenuta “virale” e che raccoglie migliaia di “mi piace” sui social, sia considerata vera e attendibile, significa che stiamo diventando un popolo sempre più ignorante.

Il linguaggio riflette lo stato della società. “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo“, affermava il filosofo Ludwig Wittgenstein nel suo celebre “Tractatus logico-philosophicus“.  Impegniamoci quindi tutti a usare la testa nel selezionare le notizie, a sviluppare un nostro pensiero, a usare l’informazione e la conoscenza per progredire verso un mondo più giusto, iniziando magari a ignorare la colonna di destra.

Salvatore Primiceri

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