Buonsenso in politica, un valore da recuperare

(di Salvatore Primiceri) – Le recenti elezioni politiche italiane hanno suscitato numerose riflessioni. In una situazione di crisi economica e sociale che non vede soluzioni certe né immediate, la politica si dovrebbe fare carico di gestire la cosa pubblica con “buonsenso” nel rispetto della dignità dello Stato e di tutti i cittadini.

Questo avviene? Pare di no, a giudicare dal crescendo di voci di dissenso verso la cosiddetta “vecchia politica”.
Il termine “vecchia politica” è corretto se pensiamo che i privilegi e lo spreco sono caratteristiche distintive di una classe politica che fonda le sue radici nella prima repubblica.
Perché ora non vengono più tollerati? Negli anni 80 i privilegi dei politici erano, se vogliamo, addirittura più numerosi di quelli di oggi. Ma all’epoca si protestava poco, come mai?
La risposta è il benessere. La politica degli anni 80 restituiva una sorta di benessere che suscitava nel cittadino un’implicita tolleranza verso i privilegi politici. Un fine utile e personalistico di tanti offuscava la sensazione generale che ci fosse qualcosa di sbagliato nel sistema e che prima o poi qualcuno avrebbe pagato quel “lassismo”. Oggi a pagare sono i giovani disoccupati, le nuove generazioni che guardano preoccupate al futuro.
Ecco perché oggi, seppur con grave ritardo, tutti pretendono la “buona amministrazione” e il rispetto della dignità dei cittadini e della loro intelligenza.
Ma la “buona amministrazione” siamo noi stessi nel nostro quotidiano. L’uso del “buonsenso” in politica va di pari passo col buonsenso dei cittadini. In democrazia si è tutti partecipi, nel bene e nel male, di ciò che avviene e tutti possiamo (anzi, dobbiamo) renderci protagonisti dell’agire democratico per il bene della collettività, oltre che di noi stessi.
Se lo “spettatore imparziale” (cit. Adam Smith) smette di essere imparziale perché influenzato da benefici utilitaristici, allora il consenso politico e la conseguente azione politica sono “falsati” su ciò che esula dal buon senso.
Nascono così oggi movimenti di protesta, di rottura. Dalla protesta bisognerà passare alle azioni concrete; dall'”essere contro” si dovrà passare all'”essere per” (cit. Alessandro Chelo “Il coraggio di essere te stesso”, Urrà Edizioni 2013); dal conflitto si dovrà passare al consenso. Quindi, i bravi politici saranno quelli che sapranno governare o legiferare secondo la posizione più possibilmente vicina all’imparzialità, all’equità e all’uguaglianza dei diritti. Difficile ma possibile, anzi doveroso. Il politico è evidente che porta con sé un’ideologia e su questa cerca di formare un consenso ma anche nell’azione politica la prima regola sopra tutte è il buonsenso. La domanda ricorrente deve essere sempre la stessa: “Con il mio agire sto rispettando il vincolo democratico dove io politico e un qualsiasi cittadino abbiamo gli stessi diritti e la stessa rispettabilità?”.
Togliere tutti i privilegi, eliminare gli sprechi, consentire l’espressione del voto attraverso una legge realmente democratica, sono solo alcuni esempi di come la politica potrebbe recuperare credibilità e agire secondo buon senso. Non si tratta di perseguire un fine economico (risparmi, bilancio dello stato, etc) ma piuttosto di un dovere morale e di ripristino dei diritti di uguaglianza. Vedremo chi saprà farlo.

Salvatore Primiceri

Lascia un commento